Il porto più importante d'Italia ha alle sue
spalle una città singolare e molto affascinante.
Genova è soprattutto una città multiforme, affascinante, splendida,
fu una importante potenza marinara; nel XVI secolo i Doria ne
consolidarono la posizione di preminenza.
Il centro storico di Genova è il nucleo abitativo antico più esteso
d'Europa. Una sua vasta parte - racchiusa nel tratto delle cosiddette
Strade Nuove (via Garibaldi, via Cairoli e via Balbi), dove sorgono
i palazzi dei Rolli - è stata dichiarata dall'UNESCO
il 13 luglio 2006 patrimonio mondiale dell'umanità; è articolato
- particolarmente nella parte adiacente alla zona portuale antica
- in un dedalo di stretti e scuri caruggi che costituiscono una
sorta di intricata casbah caratterizzata da strutture architettoniche
stilisticamente non sempre definite in maniera unitaria e facilmente
identificabili, con chiese di stile romanico, palazzi di gusto
classico e neoclassico e costruzioni appartenenti alla cultura
mediorientale, frutto di un passato che portò i Genovesi nei principali
porti del Mar Mediterraneo e ad operare sul campo delle crociate
cristiane.
Uffici accoglienza turistica
Aeroporto "Cristoforo Colombo" Tel. 010 6015247
Porto antico - Palazzina S. Maria Tel. 010 248711
Stazione marittima - Terminal crociere Tel. 010 5308201
Stazione Principe - Piazza Acquaverde Tel. 010 2462633
.: GENOVA: cenni storici
Città dal glorioso passato, capitale del Genovesato, forte
di antiche tradizioni, è stata definita la Superba.
Tale la definì il poeta Petrarca che scrisse regale, addossata
a una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui
solo aspetto la indica Signora del mare.
Come una città marmorea (solida come il marmo dei suoi
palazzi) la vide Giosuè Carducci che nelle sue Odi barbare scrisse:
Superba ardeva di lumi e cantici / nel mar morenti lontano Genova
/ al vespro lunare dal suo / arco marmoreo di palagi.
La storia di Genova è la storia dei suoi abitanti che
furono (o furono definiti), al tempo stesso, signori del mare,
mercanti e guerrieri capaci, se del caso, di inaudita ferocia.
Seppero dare vita, in epoca di dominanze, ad una propria
repubblica, la Repubblica di Genova, nata dal libero comune,
che si resse in otto secoli su diverse forme di governo: dalla
forma consolare a quella dogale a quella, infine, oligarchica.
La sua politica si fondò comunque sempre su di un disegno di
dominio regionale, studiato e portato avanti sin dagli albori.
Il dominio sulla riviera ligure e la costruzione di un'imponente
flotta, al tempo stesso militare e mercantile fu di vitale importanza
per dare impulso alla nascita di uno stato che per oltre quattrocento
anni basò la propria esistenza sulla diplomazia e sulla neutralità,
oltre che sul commercio.
Il detto - di un poeta anonimo - "Genuensis, ergo mercator",
ossia "Genovese quindi mercante" - fu mirabile sintesi di quel
mercanteggiare così famoso nel mondo sul quale i genovesi basarono
un impero coloniale fondato su colonie oltremarine che andava
dall'Iraq alle Canarie, dall'Inghilterra alla Palestina (raggiunta
fin dalla prima crociata), racchiudendo nel proprio pugno tutto
il mar Mediterraneo occidentale e il mar Nero, definito il Lago
genovese, e tenendo testa quando non ponendo sotto il proprio
controllo tre imperi: quello Svevo, quello Bizantino e quello
Asburgico, del quale ultimo i genovesi controllavano l'economia
ed il commercio. Caffa, Solcati, Tana, Chio, Focea, Metelino,
Pera non sono che alcune fra le tante Genova che i mercanti
della Superba fecero risplendere nei commerci.
Perso il proprio potere sui mari, ma non sui mercati del
mondo, nel 1797 l'onda lunga della rivoluzione francese investì
anche la repubblica che pagò la sua condizione di neutralità
con insostenibili pressioni esterne che la portarono all'occupazione
nel 1805 ed alla successiva annessione all'impero napoleonico.
Nel 1814, a seguito della capitolazione di Parigi, Genova
fu occupata dalla marina inglese che formò un Governo provvisorio,
paventando un ritorno allo status quo ante.
Nel 1815, invece, le potenze europee, in gran parte debitrici
dall'antico Banco di San Giorgio decisero la soppressione della
repubblica e l'annessione al Regno di Sardegna, malgrado i disperati
tentativi del doge a Vienna per mantenere l'indipendenza e la
reciproca antipatia - per dir così - con i monarchi sabaudi.